Quanto costa un call-center fermo per ¾ ore? Impatta maggiormente i fermi durante un anno o la gestione della strategia di Disaster Recovery del contact center stesso?
In definitiva vale quindi la pena investire?
Domanda (e risposta) apparentemente scontata che dovrebbe far parte di una normale check-list di chi implementa un contact center.
Ma non sempre questo corrisponde ad un si assoluto: incontriamo ogni giorno realtà che non prevedono nella loro strategia un piano di gestione del disaster&recovery del proprio contact center, dando per scontato che questo sia un evento più unico che raro. E ci accorge dei limiti che questo approccio solo in occasione di un grave fermo di sistema che mette in difficoltà gli agenti del callcenter ed ha chiari impatti sulla immagine del servizio erogato verso i nostri clienti o, ancor peggio, il nostro committente se stiamo parlando di un servizio di contact center in outsourcing.
Le ragioni che portano alcuni contact center a non concentrarsi su una strategia di DR è chiaramente legata ad un tema economico totalmente comprensibile: progettare e realizzare una valida strategia di disaster&recovery quando fatta unicamente per il proprio centro, non beneficiando quindi di una economia di scala, è assolutamente dispendiosa. E quando il rischio non è tangibile ed avvertito come lontano, li si nasconde l’insidia.
D’altronde se così fosse non pagheremmo mai dei servizi di assicurazione che ci aiutano nel momento in cui questi sinistri possono invece verificarsi.
Il fenomeno sembra però non essere limitato ai privati: qualche anno fa anche l’agenzia per l’italia digitale ha pubblicato un documento ufficiale che sensibilizza le Pubbliche Amministrazioni a prendere coscienza del fenomeno e ad implementare una strategia di continuità del servizio, segno che anche li dove la contuinità di servizio dovrebbe essere un mantra, vi sono delle lacune.
Ma non solo: anche il GDPR esprime una forte indicazione dove si richiede che sia garantita la «la capacità di ripristinare tempestivamente la disponibilità e l’accesso dei dati in caso di incidente fisico o tecnico»
Ma, nel caso dei contact center, le corrette linee guida della UE non sono sufficienti: il dato è solo una delle componenti che è soggetta ad un piano di continuità
QUALI SONO LE COMPONENTI IMPATTATE?
Dalla nostra esperienza da partner tecnologico e lavorando accanto alle aziende che si preparano adeguatamente con una strategia abbiamo individuato diverse componenti da tenere monitorate:
– L’architettura che gestisce il software: Che si stia parlando di centralini, crm o piattaforme più complesse per la gestione del contatto in multicanalità sicuramente le componenti che permettono l’accesso e l’esecuzione del software devono fare parte della strategia di gestione del DR.
– L’architettura che gestisce i dati: Proprio come è indicato nel GDPR il caro e vecchio backup è il minimo investimento per permettere la continuità del servizio. Nel caso dei dati non è solo un tema di operatività in quanto parte di questi (es. le registrazioni) hanno una valenza anche legale e in quanto tali vanno custodite e protette adeguatamente.
– La linea dati: Se si lavora con infrastrutture centralizzate o cloud la linea che conduce a queste piattaforme deve rientrare tra le componenti da gestire. Un buon punto di inizio è sicuramente avere più di un contratto internet attivo, sebbene la qualità massima si raggiunga con una fornitura che preveda una linea dedicata con meccanismi automatici di backup (doppi fibra) ed uno SLA di risoluzione del guasto nel giro di qualche ora.
– La linea telefonica: Per un callcenter la linea telefonica è chiaramente una delle componenti principali e forse merita di essere in cima a questa lista. Nel caso specifico dei contact center un semplice backup ottenuto con un secondo fornitore potrebbe non essere sufficiente. Se questa strategia può trovare posto in un centro che gestisce solo servizi outbound, per le aziende che trattano servizi clienti il cambio provider si traduce in un cambio numerazioni; pertanto a meno che non ci si appoggi a numeri verdi (che comunque vanno riconfigurati) il cliente che chiamerà la numerazione geografica potrebbe comunque subire un disservizio.
– La sede di lavoro: Completano una strategia orientata alla continuità le azioni e gli strumenti che prevedono l’attivazione di un sito secondario nel caso in cui questo sia indisponibile. E non stiamo parlando solo di gravi eventi: spesso anche la mancanza di rete elettrica può mettere in difficolta un centro operativo.
COME NEXTIP AIUTA A GESTIRE IL DISASTER RECOVERY IN UN CALL CENTER?
- Prima di tutto aiutando il partner a concentrarsi su i temi che lo riguardano più da vicino (es. la gestione della propria sede). Come? Gestendo per suo conto tutte le componenti che compongono la filiera del contact center spostando il modello su una fornitura completamente a servizio erogata su una infrastruttura certificata e centralizzata che ad oggi è usata su più di 50 commesse.
L’infrastruttura Nextip è infatti stata realizzata per garantire “by design” la continuità del servizio attraverso l’uso di tecnologie in alta affidabilità e di siti ridondati per superare le eventuali emergenze.
- La gestione in modalità disaster-recovery non è però limitata alla sola componente del software: Nextip, essendo un provider telefonico certificato, gestisce anche la telefonia è in continuità di servizio mantenendo invariati i numeri utilizzati sia un uscita che in ingresso: In questo modo non dovrai cambiare i numeri iscritti al ROC e soprattutto permette di gestire in totale trasparenza verso i tuoi utenti le eventuali difficoltà tecniche.
- Per facilitare inoltre l’implementazione della strategia di DR della sede fisica Nextip propone una strategia basata su SIMple, una soluzione di smartworking chiavi in mano usufruibile tramite tablet.
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